La moda entra nelle carceri

Un nuovo modello di economia sostenibile.

La moda entra nelle carceri

Un nuovo modello di economia sostenibile.

Le detenute pugliesi realizzeranno prototipi proposti dagli studenti dell’Accademia Italiana, Arte, Moda, Design.

Gli allievi del corso di Fashion design dell’Accademia Italiana hanno stretto un patto di collaborazione con l’associazione no profit Officina Creativa s.c.s. fondata a Lecce da Luciana delle Donne.
Una cooperativa da anni impegnata a progetti di recupero delle detenute a cui, secondo la filosofia del marchio “madeincarcere”, si vuole offrire una seconda chance, impegnandole nella realizzazione di piccoli capi di abbigliamento, accessori o pakeging design per le aziende.
Oggetti di facile realizzazione anche dietro le sbarre, in particolare nelle case circondariali di Lecce e Trani, pionieri nel progetto, dove sono stati realizzati laboratori sartoriali che impegnano le detenute sei ore al giorno regolarmente retribuite.
Ed ecco in campo la creatività dei futuri stilisti allevati tra i banchi della scuola di moda nata a Firenze trent’anni fa, un istituto internazionale di livello universitario riconosciuto dal Miur, con sedi anche a Roma e Bangkok , che alle detenute hanno inviato una selezione di prototipi destinati alla commercializzazione on line, tramite l’e-commerce del sito www.madeincarcere.it, ma anche alle aziende interessate a gadget etici da personalizzare con il proprio marchio e da distribuire nei convegni. Fra le proposte ideate dagli studenti dell’Accademia Italiana, top di merletto bordate di ottone e bijoux, trousse damascate e portagioie da viaggio.
“La solidarietà e il sostenibile sono nelle corde della scuola – afferma il presidente dell’Accademia Italiana, Vincenzo Giubba – infatti abbiamo in corso progetti analoghi con le donne dei villaggi africani ( progetto Aifa, Accademia italiana for Africa) e con le donne thailandesi che stanno cucendo abiti con tessuti di seta preziosissimi ma sciupati dall’alluvione.

Nuova vita dunque a tessuti ed oggetti, tutti i manufatti sono infatti realizzati con stoffe recuperate, campionari di vecchie collezioni o rimanenze di magazzino o scarti, nobilitati in questo caso dalla creatività di stilisti in erba e dall’abilità delle detenute. In programma, grazie al progetto “Sigillo” anche il coinvolgimento di altri istituti penitenziari d’Italia, e magari anche a quello di Firenze. Le piccole realizzazioni delle detenute pugliesi sono state messe in vendita anche attraverso distributori collocati in alcuni aeroporti italiani.